Se nella letteratura americana di fine Ottocento e inizio Novecento si possono individuare alcuni romanzi che lasciano presagire il legame tra impossibilità, illusionismo e poliziesco, pensiamo a Miss Hurd: An Enigma (1894) di Anne K. Green, in cui una donna svanisce in circostanze inspiegabili, nessuno ha mostrato il legame magia-romanzo prima, e con maggiore insistenza, di Horatio Winslow e Leslie Quirk, che nel 1928 hanno dato alle stampe il leggendario Into Thin Air.
Del tutto dimenticato dalla critica, questo romanzo, frutto di una collaborazione estemporanea, rappresenta un punto di svolta e di collegamento importanti nella storia del mystery: un’opera atipica, inusuale e perciò sorprendente. Per anni conosciuta ed apprezzata esclusivamente nel ristretto campo degli appassionati di locked room mystery, l’opera di Winslow e Quirk attinge ad una quantità di modelli eccezionalmente vasta, ha punti di contatto con la detection classica, con l’hard-boiled e con la letteratura fantastica, e finirà con l’essere un testo di riferimento per molti scrittori, su tutti Hake Talbot. La storia è narrata in prima persona dal professor Nollins, studioso di criminologia e allievo del Dr. Klotz.
L’intreccio è fin troppo complesso per essere riassunto, e ruota attorno a due figure tipiche dell’immaginario: da una parte un assassino imprendibile, chiamato “Lo spettro di Salem” per le sue sovrumane abilità nello sfuggire alla polizia; dall’altra la sua nemesi, il Dr. Klotz, criminologo, uno dei più bizzarri, assurdi ed eccentrici investigatori della storia della narrativa poliziesca. Klotz è un essere dominante, di rara arroganza, spavaldo nei confronti di chiunque si trovi di fronte, che ama esprimere la propria infinita erudizione nei modi più offensivi e oltraggiosi. Capo del dipartimento di criminologia all’Università del Wisconsin, Klotz è tutt’altro che un gentleman: il suo ego fa sì che ami smascherare ciarlatani, medium, maghi da strapazzo o spiritisti, sempre concludendo il tutto con un atteggiamento di sfrontata superiorità.
Dopo numerosi tentativi falliti finalmente Klotz riesce a catturare “lo spettro”, che tuttavia, una volta rinchiuso in prigione, riesce nuovamente a fuggire tramite modalità del tutto sconosciute, avvalorando l’ipotesi che sia dotato di poteri sovrannaturali. Poco tempo dopo però, l’uomo trova la morte in un terribile disastro ferroviario e, dopo il riconoscimento del corpo, viene sepolto nel cimitero di Blenheim.
Gli avvenimenti prendono una nuova e inaspettata piega quando, nel corso di un esperimento di spiritismo, Klotz riceve un bizzarro messaggio dello “spettro” che gli ordina di tornare immediatamente a casa. Lì, la domestica lo informa di aver da poco sorpreso un giovane con le stesse fattezze dello “spettro”, dall’aspetto satanico, che altro non faceva se non emettere i belati di una capra, fino a quando non è scomparso nel nulla sotto i suoi occhi, lasciando solo un forte odore di zolfo. Klotz, per una volta, sembra in difficoltà: scopre che uno dei suoi gioielli, che la mattina stessa era sicuro di aver visto riposti nel cassetto, è scomparso. Così decide di esumare la salma del criminale: la bara viene trovata sigillata e il cadavere, di certo quello dello “spettro”, è al suo posto, ma indossa inspiegabilmente l’anello rubato.
Gli eventi che si susseguono a partire da questo momento sono quanto di più ambizioso un autore di mystery abbia mai tentato in un solo romanzo: sedute spiritiche, apparizioni e sparizioni da luoghi sorvegliati da parte di un imprendibile fantasma, fluenti digressioni sull’illusionismo, la storia della magia e le teorie di Mrs. Blavatsky, fino ad un delitto di camera chiusa che nessuno può avere commesso.
L'intera storia, che risente della recente e improvvisa scomparsa di Houdini, avvenuta due anni prima, è una continua serie di ribaltamenti e situazioni al limite del reale, che rendono il romanzo un ibrido stilistico e narrativo di impossibile catalogazione. Ci sono almeno due magistrali colpi di teatro, uno di questi riguarda il complice dell'assassino, che mostrano la bravura degli autori nel rielaborare anche trovate già esistenti (Agatha Christie) risultando ugualmente sorprendenti.
Tralasciando il fatto che dal punto di vista tecnico gli autori trattengono svariati indizi, il romanzo offre molti spunti di interesse. Innanzitutto la presenza di un intero capitolo in cui il prestigiatore The Great Galeoto, da navigato conferenziere, elenca le affinità tra i lettori di romanzi polizieschi e gli spettatori di uno spettacolo di magia: da una parte troviamo i creduloni, disposti a credere a qualunque cosa sono convinti di vedere, mentre dall’altra ci sono i solutori di enigmi, categoria che comprende gli adulti ignoranti, i sospettosi e gli spiriti inquieti. Le posizioni espresse dal mago sono sorprendenti per i tempi in cui l’opera è stata concepita: egli afferma infatti che l’intera “partita” sia «una competizione di intelligenza tra gli scrittori, i criminali e i maghi da un lato, e i lettori, i detective e gli spettatori dall’altro». Come si può notare, è la medesima affermazione che farà Narcejac circa cinquanta anni dopo nella sua opera sul poliziesco: lo scrittore che gioca in compagnia del criminale contro il lettore. E ancora «io, il mago, impiego tecniche di depistaggio proprio come lo scrittore di gialli, ma gli indizi sono sempre visibili per chi ha occhi per vedere».
A tratti la teatralità delle situazioni e dei personaggi (tra medium, lettori del pensiero, studiosi di scienze occulte che si credono posseduti dalle Forze Supreme) è eccessiva, e si fatica a comprendere se gli autori si stiano divertendo molto o se al contrario tentino di prendersi sin troppo sul serio, sfociando, in taluni casi, nella stessa parodia dei generi.
Come capiterà più tardi a Hake Talbot in Rim of the Pit (1944), questo maniacale accumulare di situazioni impossibili crea un surplus narrativo di sovrannaturale, che determina due conseguenze dirette. La prima è che il lettore smette molto presto di credere "ai fantasmi", ed automaticamente l'opera cessa di bordeggiare sul fantastico. La seconda conseguenza riguarda invece la difficoltà di districarsi da questa folta schiera di problematiche in apparenza miracolose: occorre un genio per spiegarle tutte coerentemente, con logica inappuntabile e ingegnosità. E Winslow e Quirk, in larghi tratti dello scioglimento, non saranno in grado di rendere merito al geniale intreccio ideato. Ancora meno sarà in grado di farlo Hake Talbot in Rim of the Pit. Ciò non preclude di certo la lettura di un testo davvero spettacolare, da un paio d'anni finalmente disponibile in Italia grazie alla Polillo, che lo ha pubblicato con il titolo Svanito nel nulla. Nonostante le mie puntualizzazioni, va detto che tutti i critici più importanti considerano questo romanzo un capolavoro, imperdibile per ogni appassionato.
Queste opere, in ogni caso, restano tremendamente importanti nella storia della letteratura poliziesca, perché mostrano apparenti zone d'ombra totalmente dimenticate dalla critica accademica: questi autori, a cui si aggiungono i Clayton Rawson, i Joseph Commings, e poi Ellery Queen, John Dickson Carr e tanti altri, rappresentano la vera essenza della detective story americana, che è ben lontano dall'essere rappresentata dai soli Hammett e Chandler.
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