mercoledì 4 giugno 2014

Trent's Last Case (La vedova del miliardario, 1913) - E. C. Bentley

Uno dei più importanti romanzi polizieschi anteguerra nasce per divertimento.
E. C. Bentley pubblica quest'opera per far felice l'amico, ed ex compagno di studi, G. K. Chesterton, che al tempo stava dando vita alle avventure di Padre Brown. Non si può negare il fatto che Trent's Last Case sia una sorta di divertissement, più una piccola parodia dei romanzi di Conan Doyle che un exemplum ideale del genere poliziesco: il detective dilettante Philip Trent, chiamato dal suo giornale a indagare sull'omicidio del ricco e odiato magnate della finanza Sigsbee Manderson, è intelligente ma non infallibile, non solo è incapace di arrivare alla soluzione del delitto ma per di più si innamora di una delle principali sospettate, l'incantevole moglie del defunto, Mabel Manderson. È chiara l'influenza su Trent del detective Eugène Valmont, protagonista di otto racconti nella celebre raccolta pubblicata da Robert Barr ad inizio secolo, The Triumphs of Eugène Valmont (I trionfi di Eugène Valmont, 1906).




Questo romanzo, pur conservando l'ingenuità di certi esperimenti letterari puramente estemporanei (Bentley pubblicherà un sequel solamente nel 1936 e e una manciata di racconti nel 1938), possiede la forza e la capacità di anticipare tematiche, espedienti e situazioni che diverranno tipici nella tradizione della British detective novel: il ricco e odiato magnate assassinato prima che il libro abbia inizio, la villa di campagna come ambientazione, il giornalista-detective dilettante pronto ad indagare, una serie di indizi disseminati e una soluzione sorprendente, tutto presentato attraverso una prosa garbata e ironica. 
Basta pensare a The Rasp (Campana a morto, 1924), romanzo d'esordio da poco recensito di Philip MacDonald, per accorgersi nelle infinite influenze giocate da Bentley: il medesimo prologo all'interno di una testata giornalistica, lo stesso investigatore giornalista che si innamora di una delle sospettate (anche se in The Rasp la sua innocenza è certa a priori) e tanto altro.
Lo stile di Bentley è  gradevole, leggero, ironico e a tratti incantevole. La sua è una penna profondamente arguta e acuta, piena di umorismo e classe, anche se manca della tagliente e affilata capacità dell'amico Chesterton di giocare con situazioni e paradossi senza perdere di un millimetro in lucidità espositiva. Bentley è più affusolato, la sua ironia è meno caustica  e meno polemica, la sua scrittura meno concisa anche se strutturalmente perfetta, e ancora oggi, a oltre cento anni di distanza, perfettamente godibile.
Lo scrittore britannico ha l'involontario merito (non in senso valutativo) di rompere definitivamente con la tradizione del sensation novel ottocentesco, depurandolo dagli elementi più eccessivi e aprendo la strada al poliziesco a enigma basato sul fair-play-puzzle, come sostenuto anche da Thomas Narcejac. Lo scherzo diventa narrazione, dice un po' approssimativamente Giuliano Gramigna, ma non a torto, perché dopo Trent's Last Case il genere non è più lo stesso. Se sia stato Chesterton per primo, oppure Bentley, a preparare il terreno per il gioco leale tra lettore e scrittore in un racconto giallo è piuttosto complicato dirlo con certezza, ma resta il fatto che il momento storico decisivo per questa trasformazione è quello che immediatamente precede il primo conflitto mondiale.




Il critico Howard Haycraft riteneva che questo romanzo rappresentasse un fondamentale trait d'union tra la Romantic Era e la Golden Age del romanzo poliziesco, che qualche anno dopo troverà prima espressione con la pubblicazione, nel medesimo anno, di The cask (I tre segugi, 1920), di F. W. Crofts, e The Mysterious Affair at Styles (Poirot a Styles Court, 1920), di Agatha Christie. Dopo Bentley è come se gli autori avessero una nuova consapevolezza della differenza, sino ad allora sfocata, tra mystery e mero romanzo del mistero.
La critica contemporanea ha smorzato, in parte, gli entusiasmi di Haycraft: già Carr, in The Greatest Game in the World (1946) riteneva che Bentley fosse arrivato ben dopo altri Maestri (Chesterton, Freeman, Mason), ma in generale il favore verso questo testo è andato scemando.
Siano state le critiche di Chandler nel suo celebre saggio oppure le ingenuità narrative in esso contenute non lo so, ma resta il fatto che nei saggi critici recenti l'opera compare molto meno (per fare un esempio, nella lista stilata da Keating dei 100 più grandi polizieschi di sempre, alla fine degli anni Ottanta, Bentley incredibilmente non appare). E pensare che Sayers, Christie e lo stesso Chesterton impazzirono per questo romanzo, definendolo uno dei più belli mai scritti.
Sul fatto che ci si diverta, non c'è dubbio, in questo eccitante tour de force del raggiro, dell'inganno, del trabocchetto e delle sorprese. Restano le incongruenze, ovviamente: caratterizzazioni poco consistenti, personaggi importanti che scompaiono senza motivo (il poliziotto Murch), qualche espediente un po' tirato per i capelli e una certa verbosità in alcuni passaggi cardine. Ma l'intero enigma è astuto, gli indizi sono intriganti, le soluzioni (eh si, ce ne sono di più, una delle quali influenzerà Carr per The Ends of Justice) assolutamente spettacolari.
Non male, per un romanzo nato per divertimento.


6 commenti:

  1. Devo proprio rileggermi questo splendido romanzo, del quale ricordo abbastanza poco; la tua ottima recensione lo ha fatto andare in pole tra i romanzi per l'estate.

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  2. Grazie Omar. Ci si diverte, e per passare qualche ora va più che bene.
    Certo Bentley non è Chesterton, ma sarebbe una richiesta eccessiva.

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  3. Purtroppo nessun autore è Chesterton, anche perchè il grande vecchio non ci ha mai regalato un vero romanzo poliziesco, e questo è un gran peccato. Che poi alla fine, di veri polizieschi Chesterton ne ha mai scritti? secondo me i suoi racconti, capolavori assoluti, sono difficilmente catalogabili in un qualsiasi genere.

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  4. Chesterton è grande letteratura. Come lo sono Carr, Christie, Queen e altri. I mestieranti, gli artigiani sono altri. Questi sono maestri e la loro opera è Grande Narrativa, né più né meno di altri.
    Che io ritenga poi Chesterton una delle più sublimi penne del 900 importa poco. D'altronde di misteri e delitti su cui qualcuno investiga è piena la storia della letteratura.
    Questa é la mia opinione, non troppo condivisa :)

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  5. Quello che voglio dire è che troppo poco spesso si discute su chi sono gli innovatori di un genere, chi lo ha invece portato al suo massimo livello, o ancora chi ne ha distrutto i confini. La situazione è decisamente molto complessa, anche perché il problema è spesso trattato dal punto di vista sbagliato con parametri del tutto arbitrari.

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  6. Perfettamente d'accordo; io di Chesterton ho letto tutto, dai romanzi allegorici ai saggi, e l'ho sempre trovato straordinario, anzi è forse lo scrittore che più mi ha influenzato in assoluto a livello di pensiero; e la sua opera poliziesca l'ho sempre trovata come una grande eccezione, nella quale un fuoriclasse della penna degno di Swift, Cervantes e altri grandi artisti e pensatori si cimentava in un genere "popolare" omaggiandolo e arricchendolo al tempo stesso. hai mai letto la raccolta "l'uomo che sapeva troppo", tradotta in Italiano da Igor Longo? ci sono dei racconti pazzeschi, vere fiabe fuori dal tempo con elementi criminali ancora più "estreme" delle storie con Padre Brown, perchè totalmente pagane.

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