domenica 30 novembre 2014

Hag's Nook (Il cantuccio della strega, 1933) - John Dickson Carr


Esattamente 108 anni fa, il 30 novembre del 1906, nasceva il più grande di tutti. John Dickson Carr, o più semplicemente The Maestro, come lo ha nominato Robert Adey, scrive questo Hag's Nook nell'impervio e incerto autunno del 1932. Da pochissimo tempo la moglie Clarice ha scoperto di essere incinta, e ai due ragazzi servono soldi per lasciare gli Stati Uniti alla volta dell'Inghilterra. 
Pubblicato nel 1933, il romanzo è memorabile soprattutto perché vede l'esordio del pantagruelico Gideon Fell, lessicografo in pensione ed ex docente universitario, modellato sulla figura del più grande idolo di Carr, G. K. Chesterton. Quest'opera segna anche, un po' improvvisamente, il passaggio da un primo periodo letterario, essenzialmente goticheggiante e grandguignolesco, ad un secondo, in cui le atmosfere da incubo sono governate da una gestione degli elementi orrorifici assolutamente sorprendente.
Dopo la mediocre prova di Poison in Jest, un testo in cui l'autore tenta vanamente di scrollarsi di dosso i retaggi del passato, con Hag's Nook Carr fa centro: "the plot, the atmosphere, the narrative flow, and the characters are all clearly developed and carefully integrated" (Douglas G. Greene). 
L'intreccio è, come spesso accade, pieno di mistero ed elementi inquietanti: nell'apparentemente sonnolento villaggio inglese di Chatterham  aleggia un'atmosfera sinistra, a causa in particolare delle rovine di una prigione ormai decadente, il cui direttore era, in passato, per tradizione, un membro della famiglia Starberth. Secondo la leggenda, il primogenito della famiglia è destinato a morire con il collo spezzato, proprio come tutti quei condannati che nelle epoche precedenti venivano impiccati dopo aver vissuto in condizioni disumane. Secondo le bizzarre disposizioni testamentarie, il giorno del suo venticinquesimo compleanno il primogenito della famiglia dovrà trascorrere del tempo, da solo,  all'interno della prigione, entrando così in possesso di alcuni documenti che sono clausola fondamentale per ottenere l'eredità. Quando il giovane Martin, compiuti 25 anni, sarà trovato morto con il collo spezzato nonostante la sorveglianza di Fell, sembra davvero che la maledizione non possa essere eliminata.


Hag's Nook, tradotto splendidamente in Italia da Francavilla, è una prova di eccellente maturità stilistica. L'intera prima parte, che si snoda almeno sino al delitto di Martin (poco più di 60 pagine) è una pura meraviglia. La rappresentazione di una Inghilterra rurale e sonnolenta, vista per la prima volta con gli occhi di un americano (quel Tad Rampole che prende il posto di Jeff Marle come narratore) è magica ed incantevole, in cui traspare, vivido ed intenso, l'amore di Carr per questa terra, che aveva visitato pochi anni prima (il giardino inondato di sole, la meridiana e le cassette per gli uccelli, il profumo di legno vecchio e le tendine tirate di fresco). 
La presentazione dei personaggi (Rampole e Fell su tutti) è spassosa, ed uno humor gustosamente chestertoniano domina tutta l'opera, capace di smorzare in modo pregevole la suggestiva e fosca atmosfera sovrannaturale, al solito molto ben evocata.
In mezzo ad una miriade di riferimenti, sia letterari (Wallace, Conan Doyle, Poe e i crittogrammi), che autobiografici (l'Haverford College, le proprie vicende familiari), Carr inscrive un intreccio di buona qualità e sorretto da una discreta quantità di indizi, che si conclude con il solito, potente, finale, che lascia un gusto dolce-amaro.
E' un peccato che nella seconda parte la tensione cali leggermente di tono, che il numero dei sospettati rimanga per tutto il tempo piuttosto ridotto e che, soprattutto, la soluzione arrivi più per inerzia che per altro, con un Fell che non mostra quella capacità di sintesi deduttiva che lo contraddistinguerà nelle opere successive. 
Nonostante tutti questi piccoli difetti, la maturità nella gestione del sovrannaturale è evidente: l'intera sequenza della perlustrazione della prigione dopo il delitto, tra ratti, polvere e pipistrelli, ricorda, pur se più breve, quella di Bencolin nel castello di Castle Skull. Ma se in quel romanzo alla fine veniva trovato il cadavere murato del guardiano, in Hag's Nook Fell non troverà nulla. Saranno, da una parte, questa abilità nel non sottintendere più necessariamente alle leggi della narrativa dell'orrore, e dall'altra il padroneggiare ogni genere letterario con gusto unico ed inimitabile, i grandi marchi di fabbrica dello scrittore americano. 
Hag's Nook è, in definitiva, un romanzo da leggere, una squisita gemma di un autore le cui opere non sono invecchiate di un solo giorno dalla loro pubblicazione.

4 commenti:

  1. Davvero un bellissimo articolo, Stefano, rileggerò il libro con piacere visto che ormai sono passati anni dalla prima volta. Volevo farti una domanda; cosa ne pensi degli ultimi romanzi di Carr?Di solito la critica li stronca, ma secondo me, come per la Christie, usano il parametro sbagliato di voler per forza confrontarli con i capolavori scritti negli anni trenta e quaranta; sinceramente io pur non avendoli letti ancora tutti ne ho trovati di alcuni carini, l'autore ha cercato di rimanere fedele alla sua poetica finendo per spostarsi nella suggestiva New Orlans oppure optare per il romanzo in costume (meglio così che avventurarsi nella Swinging London o nella Spy story apocalittica come fece la Christie) pur di mantenere intatte atmosfere e tematiche a lui congeniali; certo, gli intrecci non sono quelli di un tempo, ma secondo me ci si diverte molto lo stesso. Tu che ne pensi? mi interesserebbe sapere il tuo parere.

    RispondiElimina
  2. Grazie Omar :)
    Per ciò che mi chiedi sull'ultimo Carr, si sa, purtroppo il fumo e l'alcol di una vita intera lo avevano mezzo distrutto, e fisicamente, dopo anche più di un ictus, era ben lontano da una condizione decente per scrivere. Per questo alcuni dei suoi ultimi romanzi (parliamo sempre degli anni Sessanta) appaiono più sgangherati, ma nelle intenzioni non erano certo più i ricchi e lussuosi lavori di un tempo. Questo non li rende meno divertenti: pur nei loro difetti e nelle loro difficoltà, si alternano romanzi di tutto rispetto (Panic in Box C, The Demoniacs) a prove meno brillanti, ma comunque genuine, oneste. Carr continua per la sua strada, quella che aveva intrapreso a partire dagli anni Cinquanta, senza tristezze o ripensamenti. C'è qualche traccia di decadenza, ma non di sconfitta. Ha sempre scritto per amore, come solo i Grandi hanno fatto.

    RispondiElimina
  3. Letto una settimana fa, sul filone del piacere sommo provato nel leggere He who whispers ( numero 1 dell'autore per me al momento) e 3 bare, e dopo il "ni" di Automa...che dire: lancio iniziale delle prime 20 pagine eccellente, presentazione di un personaggio che puo' anche star sulle b... ammettiamolo, col suo gigioneggiare e splendideggiare dietro quel grassume...ma assolutamente puntuale, e poi in Carr vince la penna più che il personaggio.
    Conclusione forse...mm....diciamo "veloce"... non avverti la suspence di G. che sale le scale in 3bare o il buio del sussurro di terroremormora...ma da leggersi e aversi.

    RispondiElimina
  4. L'automa è un romanzo controverso, che si ama o si odia. Romanzescamente, a mio modo di vedere, è straordinario.
    Su Il cantuccio della strega siamo d'accordo; è un romanzo molto godibile, ben scritto, con la soluzione un pochino affrettata (anche se l'identità del colpevole è una vera sorpresa). Manca di suspense, ma bisogna dire che fu scritto in un periodo difficile per l'autore, e difatti vive in mezzo a due opere piuttosto dimenticabili come Piazza pulita e Terrore al castello.
    È senza dubbio un Carr minore, e lo è perché l'autore ci abitua, in questi stessi anni, ad una continua serie di capolavori che stordisce.
    Data la complessità del suo corpus, leggendo prima un'opera del 1946, poi una del 1935 e poi del 1933, è quasi difficile immaginare che possa trattarsi del medesimo autore.

    RispondiElimina