The Death of Laurence Vining è un romanzo che il pubblico italiano aspettava da molto. Ed è bello vedere che sia stata la Polillo Editore, dopo circa un anno di silenzio, a proporlo per la prima volta, traducendolo col titolo Morte in ascensore. Il romanzo, pubblicato originariamente nel 1928 (e non nel 1924, come ha più volte scritto anche Roland Lacourbe), è ormai considerato un piccolo classico dagli amanti della Golden Age, ed è stato inserito in quasi tutte le liste dei maggiori romanzi di camera chiusa mai ideati. Non solo, perché il già citato Roland Lacourbe lo ha inserito tra i suoi 10 mystery preferiti, sostenendo in più occasioni come sia 'tra le detective stories più perfettamente costruite della storia del genere'.
Nel suo complesso, l'opera è estremamente interessante. Sostanzialmente diviso in tre diverse sezioni (la prima, con al centro Laurence Vining, geniale criminologo dilettante che mostra la sua debordante e irritante personalità, è l'antefatto al delitto; la seconda e più corposa parte è dedicata alla detection del poliziotto del CID Widgeon; la terza è rappresentata dal diario confessionale dell'assassino), il romanzo appare a prima vista quasi una parodia. In effetti, soprattutto all'inizio non mancano momenti di marcata ironia, e ci sono diversi passaggi in cui l'autore sembra prendere in giro bonariamente la detective story tipica degli anni Venti: il poliziotto denigra l'immaginazione nel campo dell'investigazione criminale, si scaglia contro gli autori polizieschi rei di non avere la più pallida idea di cosa sia Scotland Yard e quali siano i suoi metodi, mentre è lo scrittore stesso, penetrando di forza nella storia, a sostenere come differentemente dai testi tradizionali polizieschi qui l'assassino non viene catturato né si suicida. In aggiunta a questo, alcuni aspetti della trama (il celebre criminologo infallibile che muore e l'amico-Watson della vittima che collabora con la polizia per risolvere il caso) destano più che un sospetto sulla natura del romanzo.
Più che una parodia del genere però (più che tipica, d'altronde, negli anni Venti), questo testo sembra piuttosto cercare di allontanarsi prepotentemente dagli stereotipi del mystery degli anni Venti: e ciò è brillantemente confermato dallo stesso personaggio dell'investigatore, un duro e antipatico funzionario di polizia che a un certo punto si lamenta di dover investigare su un caso così complesso, ben diverso da quei 'country-house mystery' tipici della narrativa britannica.
Non racconterò la trama, che è facilmente rintracciabile su internet, ma mi limito a dire che l'intreccio è estremamente lineare, e pur trattandosi di un delitto impossibile non c'è traccia di sovrannaturale, né tantomeno abbiamo subplots di rilievo. Anzi, i risvolti della trama coinvolgono i vari personaggi della storia alle prese con situazioni ed eventi che sfortunatamente non hanno nulla a che fare con il plot in sé, ma servono esclusivamente per depistare il lettore e cercare di costruire un romanzo che potremmo definire 'credibile'. Perché ciò che sta a cuore a Thomas è prima di tutto scrivere un 'bel romanzo', che tocchi qualche tema attuale e sia caratterizzato da personaggi interessanti. Altrimenti non si spiegherebbe una parte centrale che se da un lato ammicca a Crofts e Rhode (e appaia a prima vista una lezione di detection sul campo), dall'altro lato arricchisce il romanzo di eventi e situazioni che, come detto, aggiungono poco o nulla all'intreccio poliziesco.
Nel complesso Thomas non scrive male, il romanzo è scorrevole e si legge con piacere, ma i personaggi appaiono tutt'altro che memorabili, la storia d'amore abbonda di melodramma e c'è una certa secchezza di fondo che rende il testo letterariamente un pizzico arido. Questo non deve nascondere la presenza di elementi brillanti (l'idea del criminologo geniale ma insopportabile che viene ucciso ricorda Into Thin Air di Winslow e Quirk, sorprendentemente sempre del 1928), così come non manca una componente esotica stuzzicante e un marcato razzismo esibito da alcuni personaggi che Thomas sembra sottolineare con disgusto.
Nonostante alcune riserve dal punto di vista romanzesco però, come detective story siamo a livelli difficilmente raggiungibili. Thomas cerca volutamente di distaccarsi dal genere sia con gli interventi dell'autore volti a fornire contorni realistici alla vicenda, sia inserendo situazioni apparentemente scomode e attuali (adulterio, 'complessi di inferiorità' che portano alla monomania, figli in affido etc), ma avrebbe fatto meglio a concentrarsi sull'enigma. Preso come detective story pura e come più specificatamente camera chiusa, quest'opera rappresenta sicuramente una delle più geniali variazioni mai ideate e il maggior delitto impossibile pubblicato negli anni Venti. Le ultime trenta pagine, in cui l'assassino confessa il suo modus operandi, non solo ci restituiscono una spiegazione logica e inappuntabile ad un'enigma geniale, ma prendono in considerazione ogni piccolissima sfumatura di ciò che sarebbe potuto accadere se il machiavellico piano del criminale fosse fallito parzialmente. Superata la difficoltà di descrivere gli ascensori nella Gran Bretagna dei tardi anni Venti, Thomas concepisce un trucco illusionistico magistrale. A differenza di tante camere chiuse della Golden Age, dove la situazione impossibile si viene a creare per puro caso, in questo romanzo l'assassino prepara nei minimi dettagli un piano diabolico, consegnandoci forse uno dei delitti meglio congegnati e più sorprendenti della storia di questo genere letterario.
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