A partire dal 2011, la casa editrice Beat ha iniziato a riproporre in libreria i grandi romanzi di Rex Stout con protagonista Nero Wolfe. Questo Fer-de-Lance è la sua prima indagine, pubblicata originariamente nel 1934 e precedentemente edita da Mondadori con il titolo La traccia del serpente.
Sul problema se l'iniziativa abbia senso o meno non sono qui per discuterne (anche se credo si capirà leggendo questo breve pezzo), mentre voglio concentrarmi sulla prefazione a questo volume, scritta dal critico cinematografico Goffredo Fofi.
Egli (giuro, sono parole reali), riferendosi ai romanzi gialli Mondadori scrive:
"Quando quei romanzi erano un po' troppo impegnativi e un po' troppo lunghi rispetto allo standard considerato ideale dal marketing della Mondadori, solerti traduttori e redattori provvedevano a tagliare, ridurre, addomesticare. E lo scopo era quasi sempre raggiunto: distrarre e divertire, ma tenendo tuttavia attivi i meccanismi della mente, un po' come succedeva con le parole crociate, un surrogato del vero pensiero, un riposo dal vero pensiero. Veniva di qui il fascino del giallo classico, romanzo da treno e romanzo da dopo lavoro o da pomeriggio domenicale e, senza offesa, da sala da bagno."
Io credo si possa fare cattiva informazione in tanti modi. Ma più incompetenza e ignoranza di così, compresse in poche righe, sono difficili da trovare.
Già il semplice fatto che si scriva a proposito di qualcosa di cui si ignorano anche le basi (altrimenti a questo punto occorrerebbe porsi domande di altro tipo) è piuttosto pericoloso, ma il fatto che si pronuncino certe frasi mentre si sta parlando di Stout, l'autore che in Italia forse più di tutti ha risentito dei terribili tagli dei traduttori, è talmente imbarazzante che non trovo nemmeno le parole da usare. Se aggiungiamo che la Beat ha usato una traduzione italiana vecchia e non integrale (ma lo ha fatto per tutti i testi di Stout), capirete benissimo che tipo di autogol ridicolo sia stato compiuto.
Se questa è la critica letteraria che ci meritiamo in Italia, siamo un paese morto e sepolto.
Che schifo.
Vabbè, Fofi fa parte del gruppo dei tromboni considerati tuttologi che scrivono su qualsiasi cosa senza saperne nulla, tanto basta la loro aurea firma e il pubblico compra il libro. Ma in ogni caso di prefazioni imbarazzanti ce ne sono a decine; la più atroce è quella, non ricordo adesso di chi, che apre l'omnibus della Sayers "Indagini romantiche", dove per far riflugere l'opera della Sayers si stronca sistematicamente, e senza nessun motivo, quella di Agatha Christie; due autrici meravigliose ma diversissime che solo un profano che si crede un esperto potrebbe equiparare.
RispondiEliminaVero, anche quella prefazione (ad un volume molto raro, tra l'altro) era pessima. Ma questa di Fofi è ancora più pericolosa perché fa nemmeno troppo velatamente capire che il romanzo poliziesco (e quindi l'autore di cui parla) è pura spazzatura. E lo fa con un misto di ingenuità, ignoranza e capziosità che dà i brividi. Mi è capitata una copia per caso sotto mano e ci sono davvero rimasto male; da qui lo sfogo.
RispondiEliminaPerò hai ragione: il nome vende.
Niente a che fare con le splendide prefazioni di Longo o Boncompagni ai romanzi della Shake.
P.S. Grazie per il post su fb :)
Davvero, purtroppo chissà quanti neofiti a leggere le parole di Fofi si convinceranno che il poliziesco è un sottogenere da non prendere sul serio, divertente ma inaccostabile alla cosiddetta letteratura "alta". Ma in Italia è dal dopoguerra che la letteratura cosiddetta "d'evasione" è considerata spazzatura, tanto che due fior di scrittori come Cassola e Bassani vennero chiamati "Liale" perchè in opere seppur impegnate indugiarono nei sentimenti anzichè procedere a una narrazione più severa e deprimente; e Fofi è un perfetto esempio di quella corrente di pensiero che da quasi settant'anni produce per pura scelta letteratura e cinema triste, ma il suo nome tira di più di quelli di Longo e Boncompagni.
RispondiEliminaPS grazie di che? fa piacere trovare un giovane preparato e intelligente, in fondo sono abbastanza giovane pure io (32 anni) e parlare di giallo classico con una persona della mia generazione che ne sappia molto è assai raro ;).
Omar, il problema è purtroppo diffuso e ampio. In Italia si fa pochissima critica letteraria, ancora meno di anni fa, quando almeno Mondadori, tra prefazioni, appendici e altro, permetteva a Boncompagni, Omboni, Longo, Pirani, Lippi etc di scrivere.
RispondiEliminaAncora più terribile è il problema in ambito puramente accademico. Le idee dei più importanti (in ambito di mystery) studiosi, come Douglas Greene, Curtis Evans, Martin Edwards da noi non circolano. Circolano le stupidaggini di tanti autori e scrittori italiani che purtroppo, quando discutono di mystery o di storia della letteratura poliziesca, non hanno una pallida idea di ciò che stanno dicendo. Le uniche opere che circolano da noi sono quelle di John Curran, grande studioso della Christie, di cui credo uscirà un nuovo volume tradotto nel 2015.