Ad uno dei maggiori scrittori del XIX secolo si deve la codificazione della detective story nella sua forma compiuta, quella della short-story: tra il 1841 e il 1845 Poe scrive tre racconti di investigazione destinati a lanciare un modello che sarà recepito da tutti, Conan Doyle in particolare.
Innanzitutto la figura del detective dilettante, Auguste Dupin, dotato di supreme capacità di ragionamento, con le quali è in grado di sbrogliare le matasse più intricate; in secondo luogo la figura dell’io-narrante amico del protagonista, di cui riferisce le avventure; in terzo luogo la struttura del racconto, generalmente breve, in cui alla presentazione dei fatti segue la risoluzione del mistero.
Tanto, e giustamente, è stato scritto su Poe, e non è certo questo il caso di fare dell’accademia. Ma di certo non è una domanda banale chiedersi cosa rimanga ora di quel Poe (che ben presto abbandonò Dupin e la detective story), e quanto le sue storie conservino smalto e leggibilità.
Poe è un autore di grande complessità e densità stilistica, che cede al melodrammatico, ma raggiunge punte di lirismo a volte ineguagliate. Nei tre racconti con Dupin non si possono ovviamente ritrovare le cupe atmosfere di Ligeia o i vertici di pathos del Pozzo e il pendolo, ma nonostante tutto il tono non risulta freddo. Il ciclo rappresenta il trionfo dell’ingegno e del ragionamento puro, che non ha nulla a che fare con le elementari e fasulle deduzioni di Holmes.
Poe, a differenza degli altri, si sente in dovere di fornire basi teoriche, a partire dal saggio La filosofia della composizione, per finire con le digressioni che caratterizzano gli stessi racconti. E’ anche per questo che egli rimane l’indubbio padre della narrativa poliziesca.
In tutto questo è fondamentale fornirsi di una traduzione italiana valida, perché rendere lo stile dello scrittore americano è davvero difficile. Evitare Garzanti, se possibile, e tutti coloro che invecchiano la prosa con termini arcaici ed espressioni desuete.
Apparso nell’aprile del 1841 sulla rivista “The Graham’s Lady’s and Gentleman’s Magazine” di Philadelphia, The Murders in the Rue Morgue è considerato, per i motivi sopra esposti, il primo coerente racconto di investigazione di sempre.
"L'analista si compiace di quella attività mentale che risolve”, inizia Poe, introducendo i capisaldi di questo genere letterario: la presenza di un mistero e e di una mente capace di spiegarlo razionalmente ricorrendo alle sole capacità analitiche.
Il prologo descrive le capacità di ragionare ed analizzare un problema col fine di risolverlo. “Calcolare non è di per sé analizzare” - continua Poe - “Un giocatore di scacchi, ad esempio, calcola, senza ricorrere all’analisi". E ancora “Ma è nei casi che si collocano fuori delle pure e semplici regole che si manifesta l'abilità dell'analista”. E, in ultimo, “la differenza della portata di informazioni così ottenute non consiste tanto nella validità delle deduzione quanto nella qualità dell'osservazione. Quel che è necessario sapere è che cosa bisogna osservare”. Non occorre spingersi troppo in là con gli anni per ritrovare queste medesime considerazioni nelle avventure di Sherlock Holmes, firmate Conan Doyle.
Dopo aver affermato la differenza tra uomo ingegnoso e analista (l'analista è necessariamente uomo ingegnoso, mentre l'uomo ingegnoso è spesso negato all'analisi; il primo è sempre ricco di fantasia mentre il secondo è dotato di vera immaginazione), Poe presenta il racconto e i suoi personaggi, che altro non è se non una sorta di exemplum con commento del breve trattato sull'analisi e il ragionamento che occupa le prime pagine.
Dupin e il suo assistente sono personaggi tipicamente decadenti: rinchiusi in casa durante il giorno, vivono esclusivamente la notte (quasi una sorta di vampirismo), non incontrano persone né hanno amici, ma si dilettano nelle “eccitazioni mentali che la quiete osservazione può offrire”. Dupin è molto diverso per questo da Holmes: è un avido lettore e collezionista di libri, è parigino e ha una vivida immaginazione, ma come Holmes ama sfoggiare e dimostrare la propria superiore capacità di deduzione (Dupin sembra quasi leggere nel pensiero i movimenti celebrali del suo assistente durante una passeggiata notturna).
Inizia così il primo vero racconto di camera chiusa dotato una solida soluzione finale e composto nello stile lavorato ed elaborato di Poe, dalle note dolci e meravigliosamente decadenti.
La trama è sostanzialmente nota a tutti. L'autore pone l'accento piuttosto ripetutamente, e questo è importante, sull'impossibilità dei delitti, oltre che sulla loro brutalità e violenza; la ricostruzione dell'omicidio è lucida, cruda e particolareggiata.
D'altronde Poe pensava di scrivere un racconto dai toni orrorifici e non un mystery vero e proprio come lo intendiamo noi ora. Dupin non risparmia stoccate a Vidocq (era di notevole intuito e grande perseveranza, ma, mancando di una disciplina intellettuale, sbagliava continuamente) e la polizia (ha confuso lo straordinario con l'astruso) e si sofferma su quelle che realmente sono le chiavi di volta dell'enigma: in questo caso le testimonianze dei vari sospettati, dalle quale fuoriesce un dato abbastanza lampante, ovvero la presenza della stanza di due voci, una francese e un'altra di strana natura. Ogni indiziato (di nazione diversa) credeva appartenesse ad una lingua ogni volta differente: il francese credeva fosse spagnolo, l'italiano russo, lo spagnolo tedesco e così via. Ovviamente il caso gioca un ruolo fondamentale nella buona riuscita di due delitti che non hanno matrice razionale.
La spiegazione è ingegnosa, anche se di impossibile risoluzione da parte del lettore. La gestazione che porterà alla nascita della regola del fair-play è ancora lunghissima.
Nel complesso questo racconto, soprattutto per la digressione iniziale, nonostante sia inferiore rispetto al successivo La lettera rubata, resta un gioiello di tecnica, stile e concisione. Immortale.
Complimenti per aver evidenziato i punti forza e di debolezza dell'opera e della figura di Poe. Sarebbe davvero interessante se tu indicassi un piccolo e breve apparato bibliografico critico contenente i maggiori studi sull'opera del Maestro; questo un po' ricalcando la stessa struttura dei precedenti articoli con costanti e piacevoli rimandi ai critici. Ciò costituirebbe la ciliegina sulla torta rispetto a quanto, comunque, già di per sè ottimo. Grazie sin d'ora per l'eventuale nota a piè di pagina. Alberto
RispondiEliminaSu Poe è stato scritto moltissimo, ha una bibliografia pressoché sterminata, a differenza di autori meno conosciuti. Credo sia fondamentale leggere il contributo dello stesso Poe alla detective story (Filosofia della composizione); però posso citarti un saggio molto interessante uscito tre anni fa, di cui prima o poi parlerò anche qui sul blog, che è Narratives Enclosure in Detective Fiction - The Locked Room Mystery, di Michael Cook. Il primo capitolo è proprio dedicato a Poe, ed è brillante.
RispondiEliminaConcordo sul primo capitoletto del libro di Cook, davvero brillante e ben argomentato. ;) Grazie per averlo nominato. :)
RispondiEliminaUn altro aspetto di questo racconto che vale la pena sottolineare è l'incredibile fascinazione che esso trasmette a un bambino/ragazzo che lo legge per la prima volta; ricordo che, anche se sulle prime ero frastornato dalle digressioni iniziali (nell'edizione Garzanti poi...) proseguendo la lettura ne fui sempre più avvinto, fino a rimanere elettrizzato dal finale; a 11 anni mi si era aperto un mondo. Ricordo che lo consigliai ai miei coetanei e alcuni di loro se ne innamorarono quanto me. Che il racconto sia infatti molto utilizzato per le antologie per la scuola media non è assolutamente un qualcosa di casuale, questo racconto piace ai bambini come pochi altri.
RispondiEliminaHai ragione. Poe effettivamente è piuttosto violento ma molto presente nei testi scolastici per bambini. Ma ho visto più spesso Il pozzo e il pendolo o Il cuore rivelatore piuttosto che questo racconto, tra le altre cose piuttosto inquietante. Beato te che l'hai letto a 11 anni ;)
RispondiEliminaBeh, i tre "testi sacri" che mi hanno fatto prediligere il genere del mystery rispetto a tutti gli altri sono stati "I primi casi di Poirot" della Christie, che a te non piace ma che per me a quell'età fu una vera e propria scoperta, "Le avventure di Sherlock holmes" e appunto in volume dei racconti del mistero di Poe; i tre pilastri su cui ho costruito la passione di una vita.
RispondiEliminaSono tre capisaldi, al di là dei giudizi soggettivi. E per aprirsi al genere, insieme a Collins, Green e Bentley ( per quanto riguarda il romanzo) sono perfetti. Mostrano l 'evoluzione del poliziesco meglio di chiunque altro testo e lasciano presagire quella che sarà la Golden Age.
RispondiEliminaInfatti secondo me ho avuto la fortuna di beccare, in una età ancora piuttosto tenera, tre volumi di racconti brevi (più fruibili per un bambino) tra i più accattivanti mai usciti; e se la CHristie mi deliziava e Holmes lo adoravo, Poe aveva un appeal irraggiungibile, a 11 anni le truculenze di un racconto come I delitti della Rue Morgue hanno la meglio su tutto il resto 00;) il mio primo romanzo giallo fu invece "Il mistero delle tre querce" di Wallace che era in allegato all'unità e me lo diede uno zio che la comprava (altra fortunata combinazione, visto che anche quersto libro per un bambino ha un fascino immenso già dal titolo), poi arrivarono quelli della CHristie.
RispondiEliminaLetto e divorato sul treno in 20 minuti. Va letto da parte di tutti gli appassionati perchè come ai giustamente sottolineato, fa capostipite a un macrofilone giallo nei suoi essenzialissimi elementi. Solo una questione: perchè le copertine cosi spoileranti al limite del fastidioso? Per accalappiare la vendita? Scelta ridicola del tempo, a mio avviso.
RispondiEliminaDiciamo che all'epoca il racconto di detection sostanzialmente non esisteva, e "spoilerare" qualcosa non voleva dire nulla per loro :) Certo è che sono state fatte cose peggiori (non leggere L'occhio di Giuda di Carr nella prima versione francese, degli anni 50 mi pare, lì si che la soluzione è messa in bella mostra in copertina).
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