Jacques Futrelle, americano nonostante le sfumature
anagrafiche, è stato uno dei grandi nomi della narrativa poliziesca precedente
alla Golden Age. Specializzato nella short-story, rientra in quel gruppo
(particolarmente eterogeneo, tra l’altro) di autori che si cimenta in racconti
gialli a seguito del successo ottenuto da Conan Doyle con Sherlock Holmes.
Symons non casualmente parla di First Golden Age per questo momento letterario,
in cui autori di assoluto talento sono accomunati dalla narrazione di misteri
risolti da menti particolarmente geniali, una sorta di supermen
dell’investigazione: il Principe Zaleski di Shiel, lo Zio Abner di Davisson
Post, Padre Brown di Chesterton e ovviamente il Professor Van Dusen, la
cosiddetta “macchina pensante”, data la sua capacità di trattare ogni problema
come una equazione matematica, uscito dalla pena del grande Jacques Futrelle.
Non fosse salito sul Titanic, quando aveva 37 anni, sarebbe diventato
probabilmente uno dei maestri della detection dei primi anni Venti. Ma purtroppo salpò insieme ad altri, e la letteratura perse un nome di grande prestigio ed eccellente prospettiva. I suoi racconti tendono all'estrema concisione tecnica, al potere del raziocinio e all'infallibilità del ragionamento, piuttosto che allo stile o all'abbellimento letterario.
La moglie May, ricordata soprattutto per un memorabile
articolo sull’affondamento del Titanic, è stata anche lei scrittrice, ma di
certo meno celebre.
Nel 1907 presentò alla Associated Sunday Newspapers, che si
occupava di realizzare supplementi domenicali per alcuni quotidiani, una storia
dell’orrore dai toni classicheggianti, The Grinning God. Il responsabile della
redazione accettò a patto che la storia fosse seguita da un altro racconto,
firmato dal marito, in cui veniva fornita la spiegazione razionale agli eventi
soprannaturali narrati.
Questo volumetto edito qualche anno fa da Polillo, dal titolo
La casa fantasma, presenta proprio il risultato di questa richiesta: prima la
storia di May (The Grinning God), e poi il breve scioglimento del marito
Jacques, dal titolo The House that Was, in cui il Professor Van Dusen spiega in
modo logico e inappuntabile alcune situazioni topiche della letteratura
fantastica: una strada e una casa scomparse nel nulla, un uomo che si muove
come un fantasma e un’avventura talmente assurda che sembrerebbe un incubo, non
fosse per quel piccolo oggetto d’avorio trovato nelle tasche.
Diciamo subito che il racconto di May è un discreto racconto
di fantasmi, che ha buon ritmo e si legge con grande piacevolezza anche oggi;
ricorda Le Horla di Maupassant, per la progressiva follia del protagonista
e il fuoco finale purificatore, ma è certamente meno originale e meno potente
dal punto di vista dell’evocazione della paura dell’ignoto. Possiamo perciò fin
da ora renderci conto delle difficoltà di un autore come Jacques Futrelle,
costretto a trovare una spiegazione terrena ad eventi che non sono stati
concepiti per possederla.
Solitamente l’autore ha già in testa, quando scrive,
quale sarà la conclusione della sua opera, mentre stavolta (come Poe con Marie Roget) deve lavorare su una base non sua, privo di appigli,
indizi o false piste. Ed è per questo che la spiegazione di Van Dusen, precisa,
solida ma assolutamente semplice, assume grande rilievo. Ovvio che alcuni
dettagli possono apparire forzati, ma nel complesso l’americano fornisce ancora
una volta una dimostrazione di ingegno e fantasia, a sottolineare che la vera
natura della crime fiction (meglio ancora se tinta di fantastico, apparente o
meno) sta nella capacità di sorprendere le aspettative del lettore.
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