lunedì 22 settembre 2014

The Gemminy Crickets Case (o Murder Game, La calda nebbia bianca, 1968) - Christianna Brand



Christianna Brand è uno dei grandi nomi della storia del mystery britannico. Dotata di grande senso dell’umorismo e spiccate capacità nel dipingere i caratteri degli amici scrittori - celebri le sue descrizioni della Sayers o di Carr - esordisce nel 1941, con il romanzo Death in High Heels, tradotto in italiano con La morte ha i tacchi alti. Non è di certo un’autrice prolifica, ma alcuni dei suoi romanzi coincidono con il punto più alto raggiunto dal tardo autunno della Golden Age
Tuttavia il capolavoro della Brand è probabilmente questo racconto breve, scritto originariamente nel 1968 e tradotto in Italia da Tina Honsel nel 1977, nel volume Autunno Giallo.  Mauro Boncompagni lo ha giustamente riproposto nel 2012 all’interno della raccolta I detective dell’impossibile, lo Speciale Giallo Mondadori numero 69.
The Gemminy Crickets Case non è solamente una camera chiusa tra le più straordinarie di sempre, ma è anche uno dei più incredibili e diabolici esempi di misdirection della storia del mystery, in cui la Brand dispiega tutto il proprio genio. L’intreccio, apparentemente una camera chiusa di stampo tradizionale, è in realtà un trionfo di subplots, indizi e false piste  che fanno semplicemente girare la testa. 
Tuttavia le fila della storia non si disperdono: la Brand opta per uno stile vagheggiato e dai contorni sfocati che si amalgama perfettamente alla storia, un magistrale esempio di sfida al lettore, in cui nulla è quello che sembra. L’intreccio è così elaborato e machiavellico che le soluzioni sono diverse, una più complessa e sorprendente dell'altra. Come ha giustamente sostenuto Boncompagni, la Brand ha pochi rivali nella costruzione di una trama, ma in questo caso supera se stessa: per quanto breve, questo racconto è un eccitante tour de force, un continuo susseguirsi di colpi di scena, in cui accade tutto e il contrario di tutto, capace di concludersi con un colpo di teatro di altissima scuola.
La scrittrice britannica dimostra di conoscere perfettamente i maestri del genere: Zangwill, Leroux, Queen e Carr sono  stati assorbiti e le loro idee vengono così variate con abilità disarmante. Alla base vi sono, a mio parere, Il mistero della camera gialla di Leroux e The Shadow of the Goat, la prima avventura di Bencolin scritta da Carr nel lontano 1926. Ma parlare di modelli è pura accademia.
Boncompagni, nell'introduzione al volume sopra citato, definisce questo racconto «il più originale e imprevedibile che sia mai uscito dalla penna della Brand. Così originale e imprevedibile che il fatto di essere un mistero della camera chiusa è solo uno dei suoi tanti elementi di fascino». Secondo me è molto importante questa frase, perché spezza l’equivoco secondo cui quest'opera, meravigliosamente scritta e ideata, sia solo un trionfo di ingegnosità. E’ davvero molto, molto di più. 
Il titolo italiano si riferisce all’offuscata mente dell’omicida, ma convince poco. 

2 commenti:

  1. Per uanto mi riguarda questo racconto è di gran lunga la cosa migliore che ho letto della Brand; i romanzi che ho letto mi sono piaciuti ma non senza riserve; Il gatto e il topo è molto bello ma è una specie di thriller neogotico che poco ha a che spartire col gialo classico, La morte ha i tacchi alti è abbastanza bruttino, mentre Delitto in bianco e Cocryll perde la testa mi sono piaciuti molto come ambientazione ed atmosfera ma secondo me le soluzioni finali e soprattutto i moventi sono abbastanza deludenti. Ho ancora da leggere altri romanzi della Brand, ma finora "La calda nebbia bianca" li supera ampiamente.

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  2. La Brand è una scrittrice di talento molto stimata dalla critica. Morte di una strega, se non lo hai letto, è notevole. So che è una delle scrittrici preferite di Boncompagni, che ha scritto parole di lode soprattutto per Delitto in bianco, che considera uno dei vertici del Mystery di sempre.
    Uno della famiglia è un altro dei suoi romanzi migliori. È una autrice molto borderline, molto complessa, non di certo tradizionalista. Anche Luca Conti è un grande fan della Brand: addirittura disse che nelle opere migliori valeva Carr.

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