lunedì 14 aprile 2014

The Four Just Men (I quattro giusti, 1905) - Edgar Wallace





Nell'Anno Domini 1905, Edgar Wallace, uno tra i più popolari autori di polizieschi di sempre, fa il suo trionfale esordio nel mondo della letteratura gialla. Lo fa, sorprendentemente, con una Camera Chiusa. Certo, non siamo di fronte ad un pure-puzzle complesso o a un delitto impossibile di chissà quale fattura, ma è interessante che Wallace, nella sua opera prima, allestisca una camera chiusa, in un periodo storico in cui questo espediente non era ancora così frequente, tra gli autori di polizieschi. La trama dispiegata in questo romanzo, che lo distacca immediatamente dalle lineari strutture di enigma-indagine-risoluzione, non è nuova: non abbiamo un delitto iniziale, un investigatore classico né vi è un assassino da scoprire, ma degli eroi vendicatori uniti contro le falle della giustizia degli uomini (secondo un modello che va da Robin Hood a La primula rossa). Ce ne parla bene Mauro Boncompagni, che lo introduce  nello Speciale Giallo Mondadori 69, dell'aprile 2013: questo è infatti il primo dei sei libri imperniati sulle figure dei cosiddetti Quattro Giusti (il quarto muore poco prima che la storia cominci, difatti sono costretti a trovare una recluta), spietati vigilantes senza scrupoli, pronti ad uccidere nel caso le loro richieste non vengano esaudite. Ma non sono spinti da motivazioni monetarie o di potere, bensì da un esclusivo senso di giustizia: vogliono farla pagare a chi, per propria scaltrezza o per errori giudiziari, è riuscito a sottrarsi alla legge. La loro etica è incorruttibile: non uccidono a sangue freddo, ma solo dopo aver ripetutamente messo in guardia le loro vittime, forti di una superiorità intellettuale che gli permette, ogni volta, di superare gli ostacoli più difficili. Il loro scopo è quello di mantenere un equilibrio sociale, e non a caso la maggior parte dei loro nemici si trova nei Palazzi di Potere. Come il ministro degli esteri che compare in questo primo romanzo, condannato a morte dai Giusti in quanto favorevole ad una legge volta a rimpatriare esponenti politici stranieri, la cui colpa è quella di difendere all'estero quei principi di libertà che nel loro paese non possono nemmeno pronunciare. Sono dei VperVendetta ante litteram, «dei Robespierre incorruttibili che non arretrano di fronte a nulla, ma sono anche degli smascheratori di un malcostume di cui i potenti di ieri e di oggi non riescono mai a liberarsi»[1], invischiati tra tangenti e corruzione. 
La storia, tra minacce e imprevisti, si muove con leggerezza, sino all'attuazione, nelle ultime pagine, del delitto, in una camera chiusa dall'interno e sorveglia da una fitta schiera di poliziotti. Nessuno è entrato e nessuno è uscito, e non si capisce nemmeno come il Ministro possa essere morto. 
Assassinio e risoluzione occupano all'incirca le ultime 15 pagine di un romanzo breve ma intenso, la cui intenzione primaria non era certamente quella di porre al centro una situazione inspiegabile. Wallace mostra da subito le caratteristiche che lo renderanno popolare: la sua narrazione è godibile, gustosa, frizzante, non priva di ironia e a tratti serrata, pur tutt'altro che raffinata. 
Ovviamente parte dei contenuti e degli espedienti appare oggi rozza, prevedibile e forse un po' ruffiana, ma all'epoca le cose stavano diversamente: mi riferisco alla capacità di travestimento di uno dei Giusti, capace di riprodurre le fattezze di chiunque, come faranno Fantomas e Diabolik, ma anche certi espedienti romanzeschi che oggi farebbero solo tenerezza, ma al tempo si dimostravano invece particolarmente efficaci per creare atmosfera. Inaccettabile, in questo senso, l'incomprensibile tenacia del ministro, a cui basterebbe lasciar perdere questo disegno di legge per salvarsi la vita, o ancora la sua volontà di rimanere in stanza, esclusivamente solo, sino alle 20, ora in cui i Giusti ne hanno previsto la morte.
Ingenuità a parte, a più di cento anni di distanza, questo romanzo si legge ancora con piacere e dimostra il perché Wallace è stato così popolare. L'idea di Alberto Tedeschi, che nella prefazione al romanzo in edizione Oscar, lo definisce forse "il più grande autori di polizieschi di sempre", rende bene la considerazione che questo genere letterario possedeva in quel periodo (parliamo dei primi anni Settanta). Nessuno, oggi, definirebbe Wallace in questo modo: troppo confusionario, troppo frettoloso, troppo prolifico. Ma anche pieno di inventiva, spigliato, divertente e, per certi versi, geniale. 
La camera chiusa in questo romanzo occupa poco spazio, ma nella sua semplicità colpisce per ingegno ed imprevedibilità. Wallace ne era così soddisfatto che eliminò inizialmente la soluzione dal libro, sostituendola con un modulo in cui invitava il lettore a risolverla. La ricompensa? Un'enormità, 500£. Il libro ottenne una fama straordinaria, ma Wallace finì quasi sul lastrico. Lezione imparata, forse.
Un esordio felice dunque, con tante imperfezioni e ingenuità, ma che arriva dritto al dunque e non pretende di essere qualcosa che non è.
La traduzione italiana, quella di Gino dall'Armi, degli anni Settanta, dovrebbe essere integrale, ma inizia a sentire il peso degli anni. La Polillo, prossimamente, sembra orientata a ripubblicare questo romanzo, ma non si sa ancora se con una nuova traduzione. 


1 M. Boncompagni, Introduzione a AA.VV, I detective dell'Impossibile, Milano, Mondadori, 2013


3 commenti:

  1. Non rileggo questo romanzo da molti anni, ma ne ho un ricordo piacevole, anche se mancano (se non mi sbaglio) due degli ingredienti che poi avrebbero fatto grande Wallace; la storia sentimentale con annessa fanciulla in pericolo e una giusta atmosfera. Mi rincuora sapere che questa traduzione (piuttosto recente, strano che proprio il libro d'esordio di Wallace non sia mai uscito nei primi mitici libri gialli Mondadori) è integrale, ho sempre pensato fosse pesantemente tagliata, ma del resto questo è un romanzo giovanile e la brevità ci stava. Complimenti davvero per queste disamine degli esordi dei grandi maestri, spero avrai in serbo altre sorprese.

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  2. L'idea iniziale è quella di affrontare esordi di autori fondamentali pre anni Trenta, poi magari addentrarmi anche più dietro (Conan Doyle, Freeman, Futrelle, Chesterton).
    Porre delle basi, diciamo, prima di affrontare i Moderni.
    Il romanzo di Wallace, visto anche il periodo storico in cui siamo, è sostanzialmente riuscito. Hai ragione, non ci sono gli elementi che faranno grande questo autore, ma si è conservato davvero meglio di tantissimi altri romanzi di questo periodo.
    Secondo me, se si vuole approfondire un autore o un momento letterario, bisogna partire dall'inizio.

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